Ciò
che temevo, alla fine è accaduto.....nella maniera più socialista possibile.
In
un mio post precedente, invitavo il Presidente Moratti, a eclissarsi, a
ritornare nell’anonimato, a distaccarsi dal mondo terreno e vivere la sua vita
in quel lembo di civiltà che meglio si confà alla sua caratura sociale. Ma lui
no, non mi ha voluto ascoltare.
Domenica
al Mapei Stadium (questi nomi frutto solo del delirio di onnipotenza dei
presidenti), mentre la F.C. Internazionale maciullava gli avversari sul campo
da gioco, in tribuna il Presidente si è palesato come mai avrei voluto vederlo.
In questi anni ci ha sempre abituato a sfoggiare i suoi abiti sartoriali con
annessa Marinella d’ordinanza, lo sguardo fiero del comandante che osserva il
suo giocattolino. Ed ecco che invece in una tiepida mattinata di settembre al
primo goal, le telecamere puntano in tribuna ed appare lui. L’abito solo un
lontano ricordo, la Marinella volatilizzata.
Il Presidente si alza un
attimo in piedi ad applaudire i suoi beniamini sfoggiando un triste maglioncino
color cammello su camicia celeste sbottonata al collo. Ci nega il suo saluto
papale, e dopo un timido applauso ritorna mesto a sedersi come uno qualunque.
In quel momento, anche se felice per il goal, sia io, che lui abbiamo pensato:
ora si che è proprio finito tutto. Il Massimo, imprenditore della Milano che
conta, fisico e portamento da Bauscia, non esiste più e preferisce regalare al
mondo la sua nuova immagine.
Eccolo
quindi, trascurato nello stile, assomigliare più a Kim Jong-il, che
furtivamente saluta la sua armata
prima di riporsi nei ranghi e lasciare gli onori al figlio.
Anche la signora
Milly, è entrata a pieno nella parte. Benché non abbia mai sfoggiato abiti di
pregevole fattura, la first lady questa domenica ha proprio esagerato
immedesimandosi più del dovuto nella parte di chi ha scelto di fare un passo
indietro. Su di lei cascante un abito smunto, slargato, dal taglio sovietico
come neanche alla Caritas accettano più. Presidente non meritiamo tutto questo!
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Intanto
la squadra continua ad ostentare superiorità di gioco spappolando gia alla
quarta giornata le speranze di salvezza del Sassuolo. Il Presidente in tribuna
sempre più triste, più trincerato nel suo cappotto. La coppia che anni prima
gaudente si abbraccia nella notte di Madrid, ora assomiglia più ad Honecker e
consorte nei giorni prima della caduta del muro. Sullo 0 a 7, neanche più un
sorriso. La realtà, la cruda realtà: 18 anni di potere giungono al crepuscolo.
Persino Ceacescu sceso dal carrarmato dei rivoltosi, prima di essere
processato, aveva un’aria più disinvolta ed arrogante.
Cosi
si chiudono 18 anni di socialismo calcistico fatto di sterili pomposi proclami
di regime e condito dal romanticismo di chi si accontenta di seguire
quell’utopica visione di veder un giorno la bandiera nerazzurra sventolare
vittoriosa su tutti i campi del mondo.
Ora
temo di ritornare a Milano. Lo temo davvero. Non voglio correre il rischio,
mentre passeggio di incontrarlo lì per strada, innanzi ad un cantiere a
commentare con altri vecchietti.
Comunque
grazie Massimo.
Il
Bauscia
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